La mia Africa

Feature

Cocciano-Kintinku, sola andata

Dalla realtà frascatana a quella di un villaggio nel cuore della Tanzania Articolo scritto per il giornale Comunità della Parrocchia S. Giuseppe Lavoratore – marzo 2020

Ricordo il primo anno in cui sono andata … La strada era asfaltata solo per un tratto, sette ore di Jeep con le gambe ferme in mezzo a valige, ananas e manghi. Chi va a prendere i “muzungu” in città si ferma SEMPRE a fare spesa e varie commissioni per tutti.

Dalla strada sterrata saliva una nuvola di polvere rossa che si infilava dappertutto: spesso ci coprivamo la bocca e il naso con la maglietta per poter respirare. Ci sembrava un disastro, eppure le suore dicevano di non lamentarci perché quando pioveva era molto peggio: le buche si riempivano d’acqua e costringevano a passare anche una notte in macchina, sul ciglio della strada, per ripartire chissà quando.

Dopo diversi anni, su quella strada per Kintinku è arrivato l’asfalto e con questo i vari dossi, per la verità non migliorando molto la situazione.

Avevo saputo dell’esistenza di questo villaggio sperduto dai racconti di una suora tanzaniana: “Venitemi a trovare a Kintinku… lì fa talmente caldo che le lenzuola bruciano di notte… allora io vado a pregare in chiesa e dico a Gesù, ma tu come fai? Non hai caldo lassù?”

La missione era davvero piccola e semplice, avevano bisogno di aiuto. Sapevamo poco, ma da quel poco è nata la voglia di creare l’Associazione Polepole.it.

Chi è stato in Africa lo sa. Viene voglia di buttarsi in imprese epiche e gloriose: ci sono tante cose da fare, tante persone da aiutare: seguire orfanotrofi, costruire pozzi, lavorare negli ospedali, insegnare nelle scuole e magari anche costruirle. Poi bisogna fare i conti con se stessi, con i propri mezzi e la propria costanza; bisogna fare i conti con la realtà del luogo e con chi in quell’ambiente ci vive, da tempo. Ecco perché è nata l’idea del supporto, del “basso profilo”: aiutare sì, ma le singole persone, tenendo conto delle strutture già esistenti e confrontandoci sempre con chi lì ci vive tutti i giorni, senza creare illusioni, realizzando concretamente qualcosa di utile.

Perché proprio Kintinku? Perché proprio lì? Perché è un paese, come lo è Frascati. Perché ci sono scuole, pubbliche e private, ospedale e studio medico, negozietti, campo sportivo, strade (con le buche), centro città e quartieri, esattamente come lo è Cocciano, sede della nostra Associazione.

Forse sono state proprio quelle buche, quei dossi a farci sentire subito a casa. a Kintinku come a Cocciano.  Tuttavia qualche differenza l’abbiamo notata subito,  soprattutto climatica e idrica. Poca acqua, anzi, per niente acqua potabile. Un pozzo con un mulino a vento, peccato che di solito manchi il vento … poi quando il vento finalmente arriva, scatena un lento cigolio che si sente anche da lontano. E finalmente porta in casa l’acqua: salata!

Salata perché il villaggio è esattamente sulla Rift Valley, la frattura nata dalla separazione tra la placca africana e quella araba. Questo fa sì che nelle falde sotterranee scorra ancora acqua oceanica e quindi salata. Anche se non è utile per bere e coltivare, l’acqua corrente nel bagno fa comodo … fidatevi.

Questo pozzo però serve solo a fornire l’acqua che arriva nelle tubature della missione, ma non può essere usata per bere o cucinare. Per questi scopi le suore usano l’acqua piovana, raccolta nelle cisterne e poi bollita e filtrata.

E gli altri? Gli altri non hanno acqua corrente e usano quella delle pozzanghere, se piove. Perché non è vero che a Kintinku non piove mai. A volte piove e anche tanto. Il terreno è argilloso, quindi impermeabile e l’acqua resta lì. Resta abbastanza da far crescere addirittura il riso. La gente quindi va alla pozzanghera, riempie la tanica e poi cucina.

Chi può, compra l’acqua dal paese vicino, Bahi, il cui pozzo attinge da una falda buona. Ma sono davvero in pochi.

Credo che il problema dell’acqua sia quello che mi ha colpito di più a Kintinku. Non dico che non ci sia da bere, si può comprare acqua ovunque nei negozietti, chi può la compra. Ma noi non siamo certo abituati a non avere acqua corrente.

La mancanza d’acqua mi ha ricordato quando, da scout, andavo al campo estivo. Il sistema è più o meno lo stesso: ti lavi il viso con una mano sola, perché nell’altra tieni la brocca con la quale la  versi; ti fai la doccia con la stessa mano e la stessa brocca (dopo aver messo a scaldare l’acqua perché la doccia fredda nemmeno in Africa si può fare); ti lavi i denti con poca acqua in un bicchiere… disagevole, però devo dire che è anche bello. E’ divertente e porta indietro nel tempo, quando anche da noi l’acqua corrente in casa non c’era. Fa apprezzare quello che abbiamo e che per noi oggi è scontato, è diventato naturale avere.

Tuttavia vivere a Kintinku è proprio faticoso. Faticoso pensare che devi andare a prendere l’acqua prima di lavarti, anche faticoso andare in giro con quel caldo, faticoso camminare sulla strada sterrata … E’ una novità divertente per un po’, poi diventa davvero faticoso. Un luogo comune: “Gli Africani sono pigri”. Può darsi … ma anche i frascatani allora, quando abitano lì.

Però anche in Tanzania le cose si muovono, ci sono lievi segni del progresso; ogni viaggio che facciamo vediamo qualcosa in più. I segni più evidenti si vedono in città, al villaggio il cambiamento è più lento, ma piano piano anche i piccoli centri crescono. Accanto agli sforzi dei singoli, come quello della nostra associazione, lo Stato sta investendo tanto in infrastrutture. La luce ormai è arrivata in tutto il Paese da 5 anni. In ogni singola casa si può avere accesso alla corrente elettrica e pagare la bolletta col cellulare, in anticipo. Elettricità prepagata insomma e, quando finisce il credito, va ricaricata come un telefonino se si vuole che la lampadina non si spenga.

Dicono che l’acqua dolce stia arrivando al villaggio… ma questo è più difficile. Sono ormai due anni che avrebbe dovuto essere arrivata dalla montagna, attraverso un sistema di tubi, ma ancora non si vede nulla. Stanno anche costruendo un piccolo ospedale con un “punto nascita” e diversi reparti. Questo vuol dire migliorare la salute, dare lavoro e creare servizi. L’ospedale è già funzionante in parte, non so come sinceramente, senz’acqua …

La sanità è ancora privata, ma cominciano ad esserci le assicurazioni sulla salute, legate al lavoro dipendente, che garantiscono un miglior livello di cure.

Ecco: i segnali della ripartenza africana ci sono. I paesi in pace crescono, anche se con i loro tempi, non necessariamente legati alla scarsa “reattività” personale. Sono molti i fattori ambientali che influiscono e rallentano enormemente tutto, anche i soli progetti che vengono in mente.

Per i paesi in guerra è diverso. Non ho mai visto un solo tanzaniano in Italia che avesse bisogno di aiuto perché scappato dal suo paese. In Tanziana si resta  e non si emigra perché si sta sempre meglio a casa propria (a Cocciano come a Kintinku). Chi scappa lo fa perché spinto da necessità e sta peggio, molto peggio, delle condizioni che ho descritto. A Kintinku,  anche se faticando,  la gente sorride ed è felice.

Polepole.it è una Organizzazione di Volontariato con sede a Cocciano (Frascati) che opera in Tanzania da vari anni. Se siete curiosi e volete leggere ciò che facciamo, visitate il nostro sito www.polepole.it.

Troverete anche le foto di questo mese, in cui la stagione delle piogge è stata esagerata, allagando il villaggio e buttando giù case … A Kintinku, come avrete capito, non ci si annoia davvero mai.